Dal profondo senso di colpa al desiderio di lottare per il riscatto della propria identità.
Da una parte il diritto di essere sé stessi, dall’altra la necessità di ottenere il riconoscimento sociale.
Il Liceo Classico Pietro Colletta di Avellino, quest’anno, col sostegno della dirigente scolastica Prof.ssa Annamaria Labruna, ci pone dinanzi a grandi interrogativi e offre due risposte differenti.
Da un lato, il giudizio della società s’impone sulla volontà del singolo; dall’altro, invece, l’equilibrio tra identità e società si realizza con la scelta deviante e l’isolamento.
I due testi drammaturgici, ben costruiti, realizzano un’armonia tra intreccio e personaggi.

Il laboratorio di scrittura teatrale è affidato alla professoressa Roberta De Maio, che, trasmettendo amore e passione per il Teatro, ha coinvolto già altri studenti al Concorso.
Vincitori nel 2017 del secondo premio e nel 2018 e nel 2019 di un premio speciale, partecipano anche stavolta con la stessa devozione per Pirandello.
Sara Manganelli è stata vincitrice di una menzione speciale nella III edizione del Concorso.
Sceglie, quest’anno, la novella “Come gemelle”.

Don Camillo aspetta un figlio dalla moglie e, come si verrà a scoprire in seguito, anche dall’amante.
Quest’ultima darà alla luce una bambina. Invece, la moglie, a causa del parto, morirà, lasciando, anche lei una figlia.
Entrambe saranno cresciute da Carla, l’amante, che tratterà la bimba nata dal matrimonio come se fosse un’altra sua figlia.
Don Camillo e la sua nuova famiglia andranno a vivere in campagna, bollando come “imbecilli” quanti non sono disposti ad accettare le loro scelte.Il quadretto familiare è completo.
Eppure il giudizio sociale rimane. La ribellione alle convenzioni sociali contempla anche la possibilità dell’isolamento, ma nella consapevolezza di esprimere la propria identità.
Quali sono state le riflessioni al momento della selezione della novella e, poi, della stesura del testo?
<<La novella, fin dalla primissima lettura – spiega l’autrice, Sara Manganelli – , aveva catturato la mia attenzione per la grande fluidità delle azioni che, da subito, figuravo perfette per la stesura di una sceneggiatura;
i cambiamenti di scena, dati dall’apertura e chiusura del sipario, contornati da minimi spostamenti degli oggetti di scena, si prestavano bene ad una rappresentazione, secondo me, dinamica e coinvolgente.
Rielaborare la novella, così che si potesse adattare ad un elaborato teatrale, ha fatto in modo che mi potessi immedesimare nei panni di Don Camillo e nella sua posizione che, agli occhi dei paesani, appariva assai ambigua e, sicuramente, per niente consona alla sua figura di marchese.
Nonostante questo, però, Don Camillo, decide di lasciar parlare il popolo, noncurante, lui e la sua amata, dei pettegolezzi degli “imbecilli”.>>
Sara trasforma la novella in un testo drammaturgico inserendo notevoli note.
Ha cura di mettere in evidenza la tensione emotiva di Don Camillo, straziato dai sensi di colpa e incapace di assumere un ruolo meno ambiguo, senza soffrirne anche fisicamente, fino a giungere a una soluzione.
<<La sua decisione mi ha colpito particolarmente – afferma Sara -perché, sebbene disponga di un titolo e, di conseguenza, di una reputazione importante da mantenere, il marchese decide di non badare a queste sottigliezze.
Preferisce garantire ad entrambe le sue figlie, e non solo a quella avuta con l’amante, la presenza di una madre che potesse nutrirle e dar loro affetto.
In un clima come quello che si sta respirando in questi giorni, pregno di tensioni politiche e sociali basate solo su mere apparenze, penso che molti dovrebbero prendere a modello la dimostrazione d’amore di Don Camillo.
Ci sarà sempre qualcuno che vorrà parlar male delle azioni altrui, ma, come anche detto da Albert Camus
“La libertà non è nient’altro che una possibilità per essere migliori”
Chi siamo noi, dunque, per rimanere sordi a certe grida?>>
– La tua passione per la scrittura si conferma anche quest’anno. Quali sono i suoi progetti futuri?
<<Sicuramente c’è la prospettiva di partecipare, ancora una volta, a questo fantastico concorso che, già dall’anno precedente, mi ha permesso di esprimermi attraverso una delle mie più grandi passioni: la scrittura.
Per l’università sono orientata, senza alcun dubbio, verso una facoltà di stampo umanistico, data la mia passione per la lettura, in lingua straniera.
Spero di concludere al meglio anche il mio ultimo anno di liceo nella mia scuola che, durante questi quattro anni della sua frequentazione, è riuscita a formarmi e spronarmi a fare del mio meglio>>.
Antonia Abate, Alessandra De Varti, Alessia Camilla Fontana, Giulia Matarazzo, Silvia Scognamillo concorrono con Sole ed ombra.

Ciunna dopo aver rubato dei soldi per la sua famiglia, piuttosto che rischiare di andare in prigione, decide di togliersi la vita.
Una serie di imprevisti lo distrarranno dal suo proposito.
Tuttavia, alla fine decide di uccidersi per timore che la sua figura possa essere già stata diffamata, a causa della lettera che aveva inviato al figlio, in cui manifestava il proposito suicida spiegandone le ragioni.
Pirandello torna spesso sul tema del disagio tra identità e maschera. Il cambiamento radicale dell’immagine che si offre di se stessi appare impossibile.
Bisogna essere “uno” o “nessuno” purché non ne siano note le centomila identità possibili, senza contraddizioni o contrasti, neanche quando in coscienza certe scelte possono essere ritenute comprensibili o legittime.
Inutili sono le proteste o le ribellioni. Il prezzo da pagare è molto caro. Sono temi complessi.
In che modo avete elaborato questi contenuti prima della stesura? Quali sono stati i sentimenti che vi hanno animati rispetto al proposito suicida del protagonista?
<<La figura di Ciunna – affermano le studentesse – da subito ha colpito tutte noi per la sua complessità.

Ciunna ha un figlio e quattro nipoti da accudire.
Si trova davanti una scelta che determinerà il suo stesso destino: rubare per sopravvivere.
Siamo sempre state affascinate dell’identità fra persona e maschera nel teatro e, grazie al nostro percorso di studi, abbiamo avuto la possibilità di approfondire questo tema studiando sulle opere dei grandi tragediografi della Grecia del V secolo.
I temi principali della novella, il suicidio e la percezione dell’uomo nella società, non sono estranei alla nostra vita, seppur molti anni ci separano da Ciunna.
Abbiamo riflettuto sui suicidi che avvengono per paura di perdere e dopo aver perso la propria reputazione all’interno della propria comunità, la nostra “maschera” principale con cui ci mostriamo al mondo.
Ciunna ha degli amici, ha un figlio e dei nipoti che comprenderebbero e forse giustificherebbero anche il suo gesto, ma Ciunna teme il disprezzo della sua cittadina, il tribunale dell’opinione pubblica.
E nemmeno le gioie che la vita potrebbe ancora riservare a Ciunna riescono a muovere il suo animo più della vergogna che proverebbe se fosse riconosciuto colpevole di un gesto che ha, in fondo, una sua giustificazione morale.>>
–Avete provato a rappresentarlo, prima del lockdown?
<<Nonostante non abbiamo provato a rappresentarlo, i personaggi inseriti possono essere facilmente interpretati da tutte noi.>>
Come avete trascorso questi giorni di scuola dall’inizio della pandemia?
<<Per la maggior parte del tempo abbiamo studiato e riscoperto qualcosa che non facevamo da molto tempo o per noia o per la scuola.>>