La lettura del testo lascia un rammarico. Quello di non aver potuto assistere allo spettacolo.
L’istituto Comprensivo 4° E. Pestalozzi di Sant’Antimo, Napoli, partecipa per la seconda volta al Concorso “Uno, nessuno e centomila” con un atto unico, che indaga la follia umana secondo l’ottica pirandelliana.

Non c’è un solo modo di vedere la realtà, di intendere la verità. Usiamo mille maschere che ci fanno apparire folli agli occhi degli altri.
La partecipazione al Concorso è stata appoggiata dalla dirigente scolastica, la dottoressa Daniela Orabona.
Il titolo del lavoro è “La signora Frola e il signor Ponza, ovvero storie di ordinaria follia”.
Il lavoro degli otto ragazzi lascia immaginare una danza vorticosa, una pizzica, una follia tramutata in ritmi, gesti, scalpitio di suole. E’ così?
<<Nella rappresentazione – spiega la professoressa Lidia Emma, referente del progetto con la professoressa Isabella D’Ettore – sono immaginati momenti di follia dei corpi a sottolineare la follia della mente.
Quando non è più possibile illustrare la pazzia o quando questa non lascia via di fuga allora interviene il movimento frenetico dei corpi, una danza che vuole riempire il vuoto delle parole e sottolineare le incomprensioni.>>
–Siete riusciti a rappresentarlo?
<<No, non siamo riusciti a rappresentarlo perché avevamo preventivato di sviluppare la drammaturgia in progetti e PON extracurricolari che sarebbero iniziati nel secondo quadrimestre.>>

-Come siete riusciti a lavorare in questi mesi di chiusura delle scuole a causa della pandemia? Qual è stata la vostra esperienza di didattica a distanza?
<<Abbiamo iniziato a sperimentare e utilizzare la didattica digitale quattro anni fa e i nostri alunni sono abituati a confrontarsi con classi virtuali, applicazioni pensate e create per sviluppare un’altra didattica.
Quando è arrivata la notizia della chiusura delle scuole avevamo già tutti gli alunni inseriti nelle classi virtuali a abbiamo fatto partire la dad il giorno dopo la chiusura.
I nostri alunni come sempre sono riusciti a stupirci non rinunciando alla drammatizzazione neanche durante la didattica a distanza; allora lo studio di un testo poetico è diventato l’opportunità…

La verità e la follia sono i temi scelti per questa drammaturgia. In che modo i ragazzi elaborano le diverse situazioni, anche complesse, di questa novella? Qual è il senso che attribuiscono al messaggio pirandelliano, in considerazione della loro giovane età?
Più che sulla follia con i ragazzi abbiamo riflettuto sull’incomprensione, l’assenza di comunicazione che la follia genera.
E non è stato difficile. Oggi si comunica diversamente, si utilizzano supporti digitali per veicolare anche i messaggi più importanti.
Quando non si ascolta il tono con cui alcune parole vengono pronunciate, quando non si guarda negli occhi il proprio interlocutore, quando non si legge la sua gestualità allora è facile cadere in errore.
Comprendere un messaggio anziché un altro e spesso nessuno ha ragione sull’altro.
Consideriamo l’altro un pazzo quando non riusciamo a comprenderlo.
Siamo partiti da una serie di esperimenti con i ragazzi che impedivano loro una comunicazione diretta fino ad esasperare il messaggio, fino al punto da non intendere più cosa fosse verità e cosa finzione.
Nella novella drammatizzata, Pirandello non lascia intendere quale sia la verità perché una verità unica non esiste.
Abbiamo chiesto ai ragazzi di dirsi verità anche scomode guardandosi negli occhi e facendo parlare anche il corpo, non solo le parole.