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Quell’eterna valigia con cui si è costretti a partire

Buio, rumore di un treno in partenza, luci soffuse chiare (come se fosse l’alba) illuminano debolmente la stazione di Farnia: una banchina ferroviaria dotata di pensilina con due panchine a destra e a sinistra del pilone centrale della pensilina stessa. L’occhio di bue illumina la sinistra del proscenio, dove ci sono delle vecchie valige di cartone, poi le luci illuminano la destra del proscenio, dove si trovano due trolley.
Alla sinistra del proscenio, tra le valigie e la panchina. I personaggi vestono con abbigliamento tipico della fine dell’Ottocento e primi del Novecento.

Comincia così il testo di “Farnia, eterna stazione” presentato nel 2021 dalla V B Odontotecnico dell‘I.I.S.S. “Luigi Pirandello” di Bivona, guidata dal prof. Vincenzo Caci, per un bando della V edizione, poi annullato a causa della pandemia.

-Professor Caci, la novella diventa uno spunto per parlare di un tema che è molto sentito dai giovani, soprattutto dopo la maturità. Il futuro è denso di incognite e chi meglio di chi vive nella provincia italiana col più alto tasso di emigrazione giovanile può avere il diritto di porsi degli interrogativi?

“Nella novella “L’altro figlio” si parla dell’emigrazione verso l’Argentina. A distanza di anni l’emigrazione prosegue inesorabilmente verso altre destinazioni. Già i ragazzi dopo la maturità scelgono di proseguire gli studi all’Università fuori della Sicilia e l’attuale meccanismo di ammissione nelle varie facoltà porta spesso alla scelta obbligata di dover lasciare la propria città. È chiaro che i giovani devono porsi la domanda di cosa fare una volta terminati gli studi. Le opportunità migiori di studio e, soprattutto, di lavoro, sono sempre altrove”.

In che modo è stata trasformata la novella e come si era pensato di metterla in scena?

“La scelta è stata quella di parlare di emigrazione ma anche di speranza per la nostra terra. Per questo abbiamo privilegiato le pagine iniziali della novella. Noi abbiamo pensato di mettere in scena solo parte iniziale. Farnìa è qualsiasi paese della Sicilia. Con i ragazzi abbiamo fatto un lavoro che mette in evidenza come nella nostra terra si continui a emigrare. Abbiamo immaginato la stazione di Farnìa. Il tutto accade tra i binari, sotto una pensillina. Due panchine, una a destra e una a sinistra, divise da un pilone di metallo. A sinistra i personaggi della novella e la lingua di Pirandello, ovvero l’emigrazione di fine Ottocento e della prima decade del Novecento verso il sud America. A destra viaggiatori di oggi. Costumi diversi, valigie di cartone e trolley evidenziano epoche diverse ma non il fatto che si continui a partire. Naturalmente c’è anche chi sceglie di restare e di essere orgoglioso del luogo in cui vive. Così come il finale è proteso verso la speranza. Ogni ragazzo che ha partecipato alla stesura del copione racconta storie vere personali o di conoscenti. Ho trovato molto bello il fatto che abbiano dato ai loro personaggi i propri nomi. Significativi anche i rumori dei treni tra una scena e l’altra”.

Il professor Caci è ora all’II.SS, Fermi di Aragona, quindi, la professoressa Adele Reina, la quale lo aveva già collaborato nell’allestimento, ripropone la rappresentazione con altri ragazzi dell’Istituto Pirandello

“Farnia eterna stazione” verrà rappresentata dagli alunni della classe 3 A odontotecnico anche con la guida della professor Anna Petruzzelli.

Professoressa Reina, in che modo si stanno preparando? Quali sono state le loro considerazioni rispetto al testo?

“I ragazzi hanno vissuto un periodo molto difficile con la pandemia, che continua, ancora oggi a rendere complicati i rapporti umani. Inoltre, il clima pesante determinato dalla guerra, come anche la crisi economica e la carenza di materie prime fanno vivere un profondo disagio.

Da una prima lettura del testo e relativo commento sulla tematica trattata si è passati alla stesura del copione. Si è deciso di coinvolgere tutta la classe, com’è giusto che sia, pertanto tre ragazze che non recitano hanno assunto il ruolo di direttrici di scena. Poiché è la prima volta che i ragazzi si trovano coinvolti in una rappresentazione teatrale si è ritenuto opportuno discutere sul valore del teatro, non solo relativamente a quello che viene trasmesso al pubblico, ma anche sul teatro come “maestro di vita”, per chi lo rappresenta. Non è stato difficile fare immedesimare gli attori sui personaggi da interpretare perché, purtroppo, la tematica dell’emigrazione è per noi siciliani ancora un problema di grande attualità. Potrebbe succedere in futuro che loro stessi debbano per forza di cose abbandonare la propria Terra per andare via in cerca di lavoro. Il treno difatti, come recita il testo, è stato” in partenza” fine Ottocento primi Novecento, anni della grande emigrazione, ed è tuttora” in movimento” a causa del persistere del problema mancanza di lavoro. Insieme ai ragazzi si è riflettuto molto su questo problema anche perché il testo offre diversi punti di vista su come viene affrontato ed ognuno ha dato ragione o torto alle parole dei personaggi .E’ inutile dire che molti di loro hanno familiari lontani e quindi sono coinvolti in prima persona a vivere il disagio della lontananza di persone a loro care. Naturalmente è giusto dare ai giovani un messaggio di speranza che le cose possano cambiare e che non si sia più costretti ad abbandonare la propria Terra, messaggio che del resto il testo in alcune battute trasmette”

Come stanno affrontando questo momento e in che modo può aiutarli la cultura, in che modo la scuola?

“L’esperienza che i ragazzi hanno avuto con la preparazione della messinscena ha fatto loro vivere un momento, non solo di novità, ma anche ,dopo quello che abbiamo trascorso, di “normalità”.

Finalmente poter fare insieme qualcosa che fino a poco tempo fa non ci era concesso. Noi insegnanti, forse più di tutti ,abbiamo potuto osservare la tristezza degli alunni in DAD, lo sguardo a volte spento e privo di entusiasmo , causato dalla mancanza di tutto ciò che è scuola e che non è solo apprendimento di discipline ma soprattutto lo stare insieme agli altri condividendo  tutto ciò che accomuna la vita degli adolescenti e quindi  socializzazione, divertimento… La cultura certamente può fare tanto per aiutarli, non bisogna perdere occasione, qualsiasi disciplina li coinvolga, di trarre spunto da quello che si studia per riflettere sul senso dell’esistenza e su quello che ci può riservare il futuro sempre cercando di infondere ottimismo e non senso di scoraggiamento che può renderli inerti anziché combattivi. E cosa più del teatro può essere, come detto, maestro di vita, anche in questa triste realtà del momento che stiamo vivendo?

Il grande Pirandello, filosofo di vita, ci ha insegnato tanto attraverso le sue opere, sul modo in cui è opportuno affrontare la vita. Ci dà diverse “vie di fuga” per affrontare nel più autentico e sopportabile modo possibile, un’esistenza che non sempre risponde ai nostri desideri  di dovuta e ricercata  felicità”.

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