Andrà in scena al Teatro Monnot di Beirut ‘Il popolo libanese ha fischiato” , lavoro insignito del 1° premio del Concorso “Uno nessuno e centomila” ad Agrigento nel giugno 2020.
Interpreti, con la regia di Ali Bitar e la supervisione generale della professoressa Mona Rizk, saranno gli studenti vincitori della Scuola di Italiano del Comune di Sarba-Nabatieh.
L’evento, che ha il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura, si svolgerà in occasione della XX Settimana della Lingua italiana nel mondo.
L’esperienza della partecipazione al Concorso dedicato a Luigi Pirandello ha avuto, dunque, un seguito anche per la forza dei contenuti di questo lavoro, che ha molto colpito la Commissione.

Il lavoro realizzato per il Concorso ha avuto degli sviluppi inattesi – spiega la professoressa Rizk, che ha curato l’adattamento in lingua italiana -.Abbiamo lavorato per portarlo al Teatro di Beirut con un adattamento che mantiene inalterato lo spirito che anima l’intera pièce teatrale. Intatti l’emozione e l’impegno dei ragazzi nel diffondere attraverso Pirandello un messaggio di speranza per le future generazioni.
La compagnia è stata arricchita da altri cinque elementi della stessa Scuola di Italiano.
Il regista Ali Bitar, che ha curato l’adattamento in arabo dello spettacolo teatrale, ha un corpo di ballo folkloristico libanese, che ha rappresentato il Libano all’estero in più occasioni internazionali ed ha vinto diversi premi nazionali.
Questo corpo di ballo propone la tradizionale dabka (in arabo: دبكة) ed è noto anche per accompagnare l’ingresso degli sposi nelle cerimonie Zaffe (Zeffe, زفـّـة).
Per “Il popolo libanese ha fischiato” Ali Bitar ha scelto brani di musica classica e moderna.
Nell’adattamento teatrale il ruolo del regista è stato più di guida per i ragazzi, che hanno potuto esprimere liberamente la loro creatività e immaginazione.
“Il popolo libanese ha fischiato” è ispirato alla novella “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello: nel portarlo in scena i ragazzi sognano un Libano bello, forte, orgoglioso come prima” chiarisce Mona Rizk.
Di particolare interesse anche la scelta dei costumi che richiamano i colori della terra e rappresentano i valori dell’appartenenza e dell’identità.

La locandina offre un’immagine di quest’emozionante spettacolo.
Sia nei colori che nella scenografia ci ricorda alcuni affreschi di Michelangelo o ancor più le intense pitture di un altro Michelangelo, non Buonarroti, ma Merisi, universalmente noto come il grande Caravaggio.
Anche i costumi ripropongono la semplicità degli abiti dell’epoca più antica del Libano, ma denotano un’attenta ricerca anche nei dettagli.
Per godere appieno dello spettacolo occorre vederlo. Un’occasione in Italia potrebbe essere l’edizione 2021 del Concorso “Uno, nessuno e centomila”, che si tiene ogni anno ad Agrigento.
I ragazzi libanesi devono ancora ritirare il premio vinto a giugno, in quanto la cerimonia 2020 è stata annullata a causa delle restrizioni nazionali e internazionali per la pandemia da Covid 19.
In quell’occasione, ipoteticamente nella primavera 2021, sempre che ciò sia consentito da una diminuzione sensibile dei livelli di contagio, i ragazzi potranno salire sul palcoscenico del Teatro Luigi Pirandello e mettere in scena la loro piéce davanti al pubblico internazionale del Concorso.
Dello spettacolo riusciamo a carpire al momento soltanto alcune suggestioni: il muezzin che dall’alto del minareto modula la sua voce per richiamare i fedeli alla preghiera e i rintocchi dei campanili delle chiese prima della messa; le maschere dei protagonisti che rivelano la loro ipocrisia nel voler acuire piuttosto che sopire i contrasti nel Libano.

Sento di dover rivolgere un sincero ringraziamento alla direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Monica Zecca, che ha creduto nel nostro lavoro sin dall’inizio e ci ha appoggiato per la realizzazione di questo adattamento teatrale – afferma la professoressa Mona Rizk – . Assieme al sindaco di Sarba-Nabatieh, Elias El Helou, ha dato l’ opportunità ai ragazzi di mettere in scena il testo e di sperimentare questa bella esperienza, recitare su un vero palcoscenico in uno dei teatri più importanti a Beirut, soprattutto dopo l’esplosione devastante che l’ha colpita il 4 agosto. A dire il vero abbiamo sofferto molto con le misure sanitarie restrittive e i lockdown, però alla fine ce l’abbiamo fatta.

Questo lavoro, come dice la professoressa Rizk, è “l’anima, la luce e la speranza dei ragazzi” in un clima molto difficile su cui incombe la chiusura delle scuole e la sospensione di ogni tipo di attività ricreativa e culturale, in un Paese che ha vissuto molte guerre, un Paese che sanguina, e in cui la povertà è ancor di più dilagante dopo il crollo della lira libanese.
Si sogna ancora ed è questa la speranza che aiuta anche noi italiani a credere che possiamo presto uscire dall’incubo coronavirus, tornare alle nostre abitudini e soprattutto ad arricchirci di conoscenza, di scambi culturali, di relazioni sociali, di abbracci sinceri e di emozioni non trasferibili col volto celato da una mascherina.
