Partecipare al Concorso Uno, nessuno e centomila implica la conoscenza dell’Autore del romanzo e l’amore per il suo Teatro.
Le informazioni sulla vita di Luigi Pirandello si trovano sui libri scolastici. Così come alcune notizie sulle sue opere, sui romanzi, le novelle, la poesia, il teatro, sul suo pensiero, sull’umorismo, il relativismo, l’incomunicabilità, il grottesco.

Ma quel che è possibile apprendere sui luoghi in cui è vissuto non può trasferirlo alcun libro.
Il mare, la campagna, il vento, possono far comprendere molte cose di questo autore, ancora così apprezzato dai giovani e perfino dai giovanissimi.
La visita ai luoghi del Caos, prevista per il 12 marzo nel programma della IV edizione del Concorso, per l’anno 2020, sarà densa di sorprese, come già nel 2019. Pur di strappare un sorriso, sarà presentato Pirandello in modo insolito, così da coinvolgere i partecipanti alla teatralizzazione e a godere di alcuni dei prodotti tipici di Sicilia.
Istituita nel 1987, la Casa Museo forma un unico Istituto con la Biblioteca Pirandello.

Costruzione rurale di fine ‘700, si trova a Caos, una contrada di campagna, su un altopiano a strapiombo sul mare. Sono presenti una vasta collezione di fotografie, recensioni e onorificenze, prime edizioni di libri con dediche autografe, quadri d’autore, locandine delle opere più famose.
La casa ospita anche mostre temporanee dedicate al Maestro.
I Ricci Gramitto, avi materni dello scrittore, ne vennero in possesso nel 1817. Nel 1867 la famiglia Pirandello vi si rifugiò per sfuggire all’epidemia di colera che flagellava la Sicilia.
Danneggiata nel 1944 dallo scoppio del vicino deposito di munizioni delle truppe americane, nel 1949 fu dichiarata monumento nazionale e acquistata dalla Regione Sicilia che diede inizio ai lavori di restauro. Nei pressi della casa c’è il famoso pino pluricentenario, sotto il quale Pirandello amava soffermarsi e dove è stato sepolto.
Lo stesso Pirandello descrive la sua nascita in contrada Caos.
“…Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’ un altipiano di argille azzurre sul mare africano”
“Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco, denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti“
Riferendosi alla sua sepoltura scrisse:
“… sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti dove nacqui”.

Andrea Camilleri racconta che quando nel 1853 si decise che la borgata divenisse comune autonomo la linea di confine fra i due comuni venne fissata all’altezza della foce di un fiume che tagliava in due la contrada chiamata “u Càvuso” o “u Càusu” (pantalone in dialetto siciliano). Questo Càvuso apparteneva metà al nuovo comune di Porto Empedocle e l’altra metà al Comune di Girgenti. A qualche impiegato comunale parve non consono che si scrivesse che qualcuno fosse nato in un paio di pantaloni e cambiò “Càusu” in “Caos”.